Sospensione dai social network per Donald Trump tra censura e responsabilità

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Servizio comunicazione istituzionale

12 Gennaio 2021

Il blocco a tempo indeterminato dell’account di Donald Trump da parte di Twitter, Facebook e Instagram in seguito ai fatti di Capitol Hill ha riaperto il dibattito, negli Stati Uniti e non solo, sul ruolo e sui limiti dei social networks. In diversi si chiedono se sia il caso di parlare di censura o se si tratti di un intervento dovuto e dettato dalla responsabilità. Per un'analisi plurale sul tema vi proponiamo le interviste di tre esperti dell'USI. 

La sospensione dei profili social del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è avvenuta in seguito all’assalto alla sede del Congresso americano, consumatosi il 6 gennaio 2021, quando migliaia dei suoi sostenitori hanno fatto irruzione all’interno della sede del Parlamento interrompendo il processo di certificazione della vittoria alle elezioni presidenziali di Joe Biden. Una protesta incoraggiata dallo stesso Trump proprio attraverso le piattaforme social, con post che incitavano all’insurrezione. Post che hanno spinto Twitter, Facebook e Instagram a bloccare, dapprima temporaneamente e in seguito a tempo indeterminato, i profili del presidente. Il ban ai danni di Donald Trump è finito così al centro del dibattito internazionale.

Nella sua analisi, Colin Porlezza, Professore di Giornalismo digitale all’USI, intervistato da Francesco Pellegrinelli per il Corriere del Ticino (vedi PDF allegato), sottolinea come quanto accaduto abbia fatto emergere un aspetto centrale, ossia come i grandi social network possiedano gli strumenti per intervenire, con limitazioni e controlli, ad esempio bloccando account ritenuti problematici e non in linea con i codici di condotta delle piattaforme. A detta di Porlezza non è corretto parlare di censura, poiché non si tratta di un intervento di controllo ad opera di uno Stato o di un Governo. Piuttosto occorre ricordare la natura dei social network, che sono piattaforme private con le loro regole e policy, che vietano, ad esempio, di istigare e fomentare la violenza; regole che Donald Trump ha ripetutamente violato.

Alla base della decisione di sospendere l’account del presidente americano uscente vi è poi anche il concetto di sicurezza pubblica, che ha mostrato chiaramente l’esistenza di una responsabilità a carico delle piattaforme social che, come Twitter, Facebook e Instagram, possono amplificare messaggi e informazioni di qualsiasi tipo.

Negli scorsi giorni è proseguito il dibattito sulle libertà digitali, alimentato dalla decisione di Twitter di chiudere anche i profili legati alla cosiddetta teoria di estrema destra QAnon. Ad oggi gli account bloccati sono 70'000.  A prendere provvedimenti è stato anche il colosso della vendita online, Amazon, che ha disabilitato i server di sua proprietà che ospitavano Parler, piattaforma social molto popolare tra gli esponenti della destra americana. Intervistato dalla Radiotelevisione Svizzera Bertil Cottier, Professore ordinario di Diritto della Facoltà di comunicazione, cultura e società all’USI, ha definito le azioni di Twitter come una svolta. Le misure prese dal social network si inseriscono nel campo della giustizia privata, definita “censura privata”. Il Professor Cottier sottolinea come solitamente siano i tribunali a determinare un’azione di censura, con la possibilità per chi è accusato di difendersi. Possibilità che non è contemplata in casi come questo. La soluzione sarebbe dunque di inquadrare legalmente il monopolio esercitato dai social networks al fine di avere una maggiore sicurezza dal punto di vista giuridico.

In un commento apparso sul Corriere del Ticino (vedi PDF allegato), Giovanni Barone Adesi, Professore di Teoria finanziaria all’USI, suggerisce di studiare le motivazioni dell’oscuramento mediatico di Trump distaccandosi dagli eventi delle ultime settimane “per evitare che decisioni prese sotto la pressione di una crisi portino all’adozione di politiche dannose per la pluralità dell’informazione in futuro”. Per questo motivo occorre analizzare il ruolo dei social media nella società evitando analogie con i mezzi di comunicazione tradizionali. Secondo il Professor Barone Adesi occorre interrogarsi su come si possano filtrare le informazioni di dubbia attendibilità a cui siamo soggetti e soprattutto valutare come gestire le comunicazioni attraverso i nuovi media.